[...]Ogni pretesa di regolamentare ed irreggimentare il dialetto sarebbe stolta, vana e controproducente. Qui però non si tratta di pontificare su come va parlato, si tratta di mettersi d'accordo su come scriverlo in maniera da capirsi l'un l'altro e - ove possibile - anche senza che quanto scrive uno paia troppo grottesco all'altro. Non regole, quindi, ma a malapena delle convenzioni orientative che ognuno è assolutamente libero (ci mancherebbe altro!) di infiorettare, di insaporire con variazioni sul tema e di mescolare a piacere col suo stile personale.[…] Prof. Alanz
La grammatica del triestino è accuratamente descritta in una serie di studi linguistici (vedi la sezione dedicata alla bibliografia). Le sue caratteristiche più importanti, in particolar modo in confronto ai dialetti euganei della lingua veneta, sono le seguenti:
vagòn (vagone)
pan (pane)
quel (quello)
gavèr (avere)
mi son
ti te son
lui el xe/ela la xè
noi semo
voi se
lori i xè
mi jero
ti te jeri
lui el jera/ela la jera
noi jerimo
voi jeri
lori i jera
mi go
ti te ga
lui el ga/ela la ga
noi gavemo
voi gavè
lori i ga
mi gavevo
ti te gavevi
lui el gaveva/ela la gaveva
noi gavevimo
voi gavevi
lori i gaveva
Fortunatamente la sintassi triestina è piuttosto semplice, anche se un po’ ridondante… abbondano le particelle pronominali ma soprattutto i che: mai lesinare i quando che, dove che, come che, solo che e così via… altrimenti non è triestino Di regola anche gli a mi me (esempio: a mi me piasi = mi piace). I complementi di termine, cioè gli “a me”, fioriscono e danno maggior enfasi a tante frasi, anche se il verbo, transitivo, di regola, non prevedrebbe l’uso del complemento incriminato. Ma qui la cosa si fa troppo complessa. Tutta questa abbondanza fa inorridire molti linguisti e grammatici, però toglierla vorrebbe dire snaturare il dialetto.
[Fonte: Wikipedia, The Fabo's Blog Trieste]